Pochi fanno caso alle 150 portiere e portieri che quotidianamente incrociano entrando nelle varie sedi di UniTo, ma il loro lavoro è fondamentale: basti pensare che ogni giorno aprono ben 56 sedi dell’Università e che oltre a questo si occupano d’accoglienza, facchinaggio e supporto agli audiovisivi. In più. In diverse sedi hanno compiti relativi alla sicurezza sui luoghi di lavoro: non solo per la sorveglianza, ma anche formando le squadre antincendio e di primo soccorso previste dalla legge 81/2008 (è proprio la legge che tanto sta facendo penare l’Ateneo torinese, vedi la vicenda dell’amianto a Palazzo Nuovo). Per garantire lo svolgimento di questi compiti in ogni momento della giornata, i lavoratori sono sottoposti ad un meccanismo di sostituzioni e di rotazione di personale su diversi turni e sedi.
Da tempo i nostri portieri non sono dipendenti dell’Università, ma sono esternalizzati. La pratica dell’esternalizzazione, che nel nostro ateneo riguarda anche le pulizie, il servizio biblioteche e vari lavori amministrativi, consente all’università di non aumentare il proprio organico diretto facendo così fronte al blocco del turnover. I portieri dipendono da una delle più grandi cooperative del settore, la Rear, che gestisce appalti simili sia in città (per i centri commerciali del Lingotto o delle Gru, per musei come la Reggia di Venaria o il museo del cinema) che su tutto il territorio nazionale, ad esempio presso le università di Bologna e Venezia.
Per anni questi lavoratori sono stati inquadrati nel contratto nazionale “Multiservizi” ma improvvisamente, a dicembre 2014, nel giro di appena 3 giorni tutti hanno firmato un cambio di contratto, spinti dalla dirigenza della cooperativa che lamentava problemi a “starci dentro con i conti”. Nella pratica, si sono tutti ridotti sia lo stipendio che le garanzie: il nuovo contratto scelto dalla dirigenza è infatti il contratto nazionale di Lega Cooperative (per “Vigilanza Privata e Servizi Fiduciari”), firmato nel febbraio del 2013 dalla Filcams Cgil e dalla FISASCAT Cisl. Tale contratto è già finito nel mirino delle contestazioni dei lavoratori (per esempio all’Università di Bologna) per le paghe orarie al di sotto dei minimi vitali e la riduzione di diritti.
La dirigenza Rear, però, non si è fatta nessuno scrupolo nell’utilizzarlo con il risultato che oggi un giovane neo-assunto utilizzato come portiere dell’Università degli Studi “guadagna” la misera cifra di 3,90 € netti all’ora… a fronte del fatto che UniTo paga per quell’ora di lavoro circa 15 €! Altrettanto basso è poi il colpo relativo ai diritti: il CCNL Multiservizi prevedeva infatti che, in caso di cambio del gestore d’appalto, il lavoratore Rear avesse il diritto di essere riassunto dalla ditta subentrante, ma il nuovo contratto di Lega Cooperative non riconosce questo diritto fondamentale di continuità lavorativa.
Ma veniamo ad oggi: dato che contratto di appalto è in scadenza, a settembre l’Università bandisce la gara per il rinnovo della fornitura dei servizi di portierato, per la ragguardevole cifra di oltre 19 milioni di € suddivisi su quattro anni
Improvvisamente, subito dopo il bando, la Rear indice un’assemblea tra i suoi dipendenti ove i dirigenti annunciano che la gara è impossibile da vincere e che quindi saranno “costretti” a licenziare tutto il personale. Ovviamente viene anche annunciato che non sarà garantito il riassorbimento a nessuno, perché il contratto applicato non lo prevede e l’Università, nel bando d’appalto, si è “dimenticata” di inserire la clausola di salvaguardia affinché vengano garantiti i livelli occupazionali e la continuità lavorativa delle persone in servizio: una “dimenticanza” inaccettabile.
Il panico si diffonde tra i lavoratori. Fortunatamente il 18 settembre, grazie all’intervento della RSU nei confronti di rettore e direttore generale, l’università di Torino decide in fretta e furia di sospendere la gara con un decreto dirigenziale, per scongiurare il caos dei licenziamenti e del disservizio, prorogando il contratto con la Rear fino all’indizione di una nuova gara d’appalto.
L’intervento dei lavoratori e dei delegati ha quindi per ora impedito il licenziamento di centinaia di persone, il dramma delle famiglie, la “guerra tra poveri” ma anche il caos conseguente in ateneo. Ci riesce infatti difficile immaginare che la quantità e la qualità delle operazioni eseguite da questi lavoratori e da queste lavoratrici possa essere trasferita di punto in bianco e con un colpo di bacchetta magica ad altri lavoratori. Ci vogliono mesi di formazione (e di errori) per comprendere come funziona la nostra università: perdere le conoscenze e le esperienze di così tante persone significherebbe rallentare o rendere impossibili tante operazioni che oggi noi diamo per scontate.
Ma per noi questa vicenda è anche l’occasione per una riflessione più generale sulla società e su cosa è diventato il mercato del lavoro: un lavoro sempre meno regolamentato e meno pagato. E’ una tendenza diffusa a tutti i livelli fin dentro le Pubbliche Amministrazioni, che quando possono approfittano di questa situazione a discapito dei servizi offerti e soprattutto dei lavoratori: per ora soprattutto di quelli esternalizzati, ma la tendenza coinvolge vieppiù anche i lavoratori strutturati. Basti pensare che gli aumenti contrattuali previsti sono di 8 € al mese!
Il Jobs act, tra l’altro, con le riduzioni fiscali alle aziende fino a 8.000 € per le nuove assunzioni (entro il 12/2015), favorisce questo impoverimento: le ditte sono spinte a licenziare i lavoratori e riassumerli, peggiorandone la condizione, oppure a spostare il lavoro già esistente togliendolo a chi ce l’ha per offrirlo a chi non ce l’ha: un vortice al ribasso senza fine.
Il sistema degli appalti alle cooperative, alimentato dal blocco del turnover, crea inoltre un sottobosco di interessi economici (basti pensare alla enorme differenza tra quanto le amministrazioni pagano e quanto arriva al lavoratore, al netto delle spese per le sostituzioni e della gestione del personale) e politici (assunzioni clientelari, piccoli e grandi ricatti…). Il tutto, ovviamente, a discapito di chi effettivamente lavora.
Questa è la società di oggi… e sinceramente non ci piace! Cerchiamo di batterci per cambiarla, in tutti i campi e in ogni situazione, e continueremo a farlo.
CUB FLAICA – SUR
Commissione Organico del Coordinamento UniTo